Se, come me, avete avuto la possibilità di studiare e/o lavorare lontano da casa, avrete sicuramente sperimentato la divina arte del “coinquilineggiare”. Non serve essere degli studenti, che sopravvivono grazie agli sconti dell’Esselunga, collezionando pupazzetti di Harry Potter, né degli impiegati alle prime armi, che sfidano la corrente della disoccupazione, saltellando di “stage in stage”.

La verità è che in molte città italiane ed europee potersi permettere un monolocale di 15 mq, dove pranzi, dormi, caghi, fai la doccia nella stessa stanza, è spesso un lusso a tre zeri. Un sovrapprezzo per degli immondi sgabuzzini,  dovuto all’affermarsi dell’AIRBNB. Fatto sta, che quasi tutti hanno avuto, almeno una volta nella vita, la necessità di condividere casa. C’è chi è più fortunato e riesce a farlo con degli amici e chi lo è un po’ meno e deve accontentarsi di farlo con degli sconosciuti.

Tralasciamo per un secondo i soliti stereotipi di cui “Vice” e i social sono già pieni. Vi basterebbe visitare la pagina Facebook “Il coinquilino di merda” per sapere come queste situazioni possono evolvere nel peggiore dei modi. Io, fortunatamente, non sono mai arrivata a tanto, anche se non sono riuscita a creare un vero rapporto con nessuno dei miei coinquilini. Alcuni consigli che vi posso dare di “vita non vissuta” sono:

  • Non andate MAI a letto con il/la proprio/a coinquilino/a. Le big city sono piene di persone (maschi, femmine, no binary, queer…), tra tutti proprio la persona con cui abitate e condividete il cesso vi dovete scopare? La risposta è NO, NADA, NEIN.
  • Tra un coinquilino che finge di essere simpatico con voi e fa tanto il carino, per poi rompere le scatole per ogni minima cosa, appuntandovi con fare saccente, ed uno che preferisce starsene per i fatti suoi, è meglio il secondo. Non c’è niente di male nel non andare particolarmente d’accordo con qualcuno, basta seguire la divina legge del vivere civile. Conviviamo spesso, perché siamo costretti a farlo. La maggior parte di noi, in particolare dopo una certa età, vorrebbe starsene da solo e camminare nudo per casa.
  • Malgrado molti padroni di casa si dimostrino restii ad affittare le case ai ragazzi, vi assicuro che questi sono spesso più puliti e meno pettegoli.
  • Va benissimo condividere alcune cose o avere un fondo comune, ma se gli altri preferiscono non farlo, non prendetevela. Il più delle volte a guadagnarci siete proprio voi, dato che tutti fanno i pascià con i soldi degli altri, friggendo con il vostro olio di oliva anche i pancake la mattina.

Per il decalogo preciso delle cose da fare e da non fare, vi basterà fare qualche ricerca su Internet come già detto. Il web è pieno di persone, che provano gusto nel raccontare aneddoti divertenti in merito. Ritornando alla mia personale esperienza, io ho condiviso l’appartamento sia a Milano, per ben quattro lunghi anni, sia a Praga in un cesso di casa. Tirando le somme, questo vuol dire che ho avuto undici diversi coinquilini. Li descriverò, utilizzando pseudonimi, pur sapendo che non leggeranno mai quello che sto scrivendo, ma, in fondo, sperandoci un po’.

(In foto: La coinquilina e il coninquilino che non vi capiterà mai di avere, altrimenti mi trasferirei io da voi)

https://coinquilinodimerda.wordpress.com/

Sarah

Ho conseguito la laurea in "Design di Interni' presso il Politecnico di Milano; esperienza che mi ha consentito di combinare creatività e progettazione attraverso la realizzazione di spazi intangibili, padiglioni e temporary store. Successivamente, ho deciso di dare un’impronta più manageriale al mio percorso accademico attraverso un master in “Strategic management for global business”, a cui ha fatto seguito un’offerta lavorativa a Praga, dove attualmente mi trovo, lavorando come Project manager junior per una multinazionale. Nonostante il mio percorso sia cambiato nel corso di questi anni, l’arte e il design, nelle loro varie sfumature e sfaccettature, continuano a suscitare in me sempre un grande fascino. Nonostante tutto, rimango dell’idea che management e creatività possano essere facce di quella stessa medaglia, chiamata "innovazione".