
First casa; Prima volta lontano da casa; Avant MAINAGIOIA
Lambrate-Milano (E’ tanto che sei a Milano?): E’ stata la mia prima esperienza di convivenza. Uno spiraglio di luce in fondo ad un lungo tunnel di orrori/errori, dopo decine di stanze visitate sotto il sole cocente di Luglio.
Ricordo benissimo quella sensazione di maglietta “bagnaticcia”.
Non era bella, non era spaziosa, non era luminosa, non c’era una sala da pranzo, quanto piuttosto un tavolo buttato alla “bella e meglio” davanti all’ingresso (e non per modo di dire), ma la stanza era grande e il prezzo leggermente inferiore alla media milanese. Condividevo l’appartamento con due ragazzi, di cui, onestamente, non ricordo nemmeno il nome, ma che per comodità chiamerò Gianni e Pietro.
Entrambi sulla trentina, Gianni era un uomo d’affari, che adorava fumare erba e, probabilmente, anche altro. Abitava in quel buco di culo solo perché praticamente non era mai a casa.
Pietro lavorava, invece, per un’agenzia pubblicitaria; appassionato di serie tv ed estremamente misogino, era convinto che le donne fossero capaci solo ad aprire le gambe.
Troppo difficile ammettere di non essere forse poi tanto bravo.
Me ne sono andata, perché pochi mesi dopo il mio arrivo dei ladri sono entrati in casa nostra e, oltre a sentirmi personalmente accusata, ho capito che non mi andava di passare i successivi tre anni della mia vita tra odore perenne di Maria e discorsi ottocenteschi.
Milano-Porta Venezia (Gay Pride): Questo è, a mio avviso, uno dei quartieri più belli di Milano ed è anche piuttosto caro. Fortunatamente, la mia padrona di casa sapeva benissimo che, anche se gli affitti salgono nel corso degli anni, il mutuo da pagare alla banca rimane lo stesso. Quindi, il risultato è stato quello di avere una stanza singola ad un prezzo abbordabile (per gli standard di Milano, ovviamente). Anche in questo caso, ho condiviso l’appartamento con due ragazzi, Nico e Riccardo. Non userò altri nomi in questa occasione, perché non ho niente da dire contro di loro.
Nico era una persona piuttosto mite, spesso assente, con cui ho convissuto per un periodo relativamente breve di tempo, avendo una compagna ed un figlio. Cinico come me, ma forse leggermente più aggressivo con i toni, scambiavamo volentieri qualche chiacchera tra una sigaretta e l’altra post cena.
Con Riccardo, invece, ho convissuto per quasi due anni. Purtroppo, le dimensioni ridotte della cucina non consentivano pranzi luculliani, ma è stato uno dei pochi coinquilini, se non forse l’unico, con cui mi sono trovata veramente bene. Tolta qualche scaramuccia, il gap di età e di professione hanno probabilmente ostacolato il nascere di una vera amicizia, ma abbiamo condiviso pranzi, cene, sushi sotto casa e anche qualche sporadica birra con il sorriso stampato sul viso. Poco dopo, è arrivata Milena. Avrei potuto raccontarvi molte cose sul suo conto, se solo avessi avuto mai l’onore di incrociarla. Forse, piuttosto che Milena sarebbe stato più corretto darle il soprannome di Casper, o chiamarla Samanta – la donna fantasma.
Ma il momento più brutto della mia esperienza di “coinquilinaggio” l’ho vissuto, quando a Riccardo è subentrata Manuela.
Oh, Riccardo, non potevi farmi torto più grande!
Manuela era la tipica ragazza con la puzza sotto il naso, snob, di buona famiglia, infelice della vita e con un lavoro di merda. Riversava la sua frustrazione nella pulizia e sperava che gli altri facessero lo stesso. Personalmente mi rendo conto di aver peccato in passato – non con lei, perché pur di non sentirla avrei lucidato il pavimento con lo spazzolino – ma lei sembrava proprio uscita da “Full Metal Jacket”.
Non potevo lasciare la spugna bagnata nel lavabo, né la tazza sporca, che avrei comunque lavato al mio ritorno. Generalmente tornavo a casa alle otto di sera massimo, non stavo “sette anni in Tibet”. Aveva tipo il sesto senso per lo sporco; lo vedeva ovunque, lo percepiva ovunque. Peccato che fosse anche così pidocchiosa, da non essere disposta a pagare sei euro di signora delle pulizie a settimana, mentre i soldi per fare baldoria la sera non le mancavano.
Alla fine, la padrona di casa, allo scadere del mio contratto, ha deciso di affittare la stanza ad un parente, ma a prescindere, piuttosto che continuare a sopportare Manuela, mi sarei trasferita insieme ai barboni in Stazione Centrale.
Magari vi avrei trovato anche qualche suo vecchio coinquilino!
Mi è dispiaciuto, soprattutto per il prezzo conveniente e per la posizione ottima, ma avere un esaurimento nervoso per così poco, anche no! Il mio ragazzo, i miei amici, e mia madre si sono fatti delle grosse risate alle mie spalle a sentirne i racconti. E, quando è venuta a trovarla sua madre, ho avuto il (dis)piacere di capire, da chi avesse preso.
Vi racconto un solo episodio:
Da bravi cittadini modello, noi abbiamo fatto sempre la raccolta differenziata ed avevamo quattro buste in tutto; una per l’organico, una per la carta, una per la plastica e una per l’indifferenziata. Però, la signora, madre della suddetta, ha ben pensato, di farmi trovare una di queste buste in camera con un biglietto, in cui spiegava che la cucina non era un posto adatto per la spazzatura. Le avrei voluto rispondere tante di quelle cose “carine”!
Ho pensato, però, fosse meglio lasciare perdere. Era il mio ultimo mese, ormai, ed ero anche senza contratto in quel momento, perché la padrona di casa mi aveva concesso un mese extra. Per non parlare poi dell’intestazione del contratto WI-FI, che io, da semplice studentessa, mi era persino “accollata“, prima di sapere di dover lasciare la mia stanza. Ovviamente, nessuna delle due ha mosso un dito, ma entrambe hanno preferito tacere, nonostante la cosa interessasse anche loro. Mi sono vista costretta a prendere una 3Cube, che tutt’ora pago, pur non servendomene più. Ho pensato seriamente di affidarmi a quella Start-up, che invia merda di animale in maniera anonima, ma poi ho desistito, perché la scelta sul sito era troppo variegata.