L’ordine che non vedrete mai

Milano – Lodi (Costa un po’ meno di porta Romana): Probabilmente, la casa più bella e spaziosa mai avuta.

Cucina nuova, salotto enorme, tre bagni.

Unica pecca: la moquette nelle stanze, stile che mischia polvere stantia e reminiscenze di “A spasso con Daisy”. Non c’erano metropolitane vicine, e il quartiere confinava con Corvetto; questo rendeva l’affitto piuttosto conveniente. Ho convissuto, anche se per soli quattro mesi, con tre ragazze, una delle quali di origine americana, che chiamerò Giulia, Francesca e Allison.

Giulia si era laureata come me al Politecnico, ma non c’eravamo mai incrociate prima di allora.

In realtà, non ci siamo incrociate molto neanche in casa.

Parlava poco e in maniera incomprensibile (penso di averle fatto ripetere il nome di una serie tv che stava guardando almeno 5 volte prima di capire) ed era perennemente accompagnata dal suo fidanzato; ufficialmente il nostro quinto inquilino non-pagante.

Francesca, invece, era simpatica, e “alla mano”; ciononostante, non siamo mai uscite insieme. Lei non me l’ha mai chiesto e io alla fine dell’anno scorso ero in pieno sbatti da “non so che fare della mia vita”.

In realtà, la situazione non è cambiata neanche ora. Penso che sia il #mood di tutta la successiva decade post-laurea.

Allison, invece, era la tipica americana in erasmus, mezza hippie e mezza bocconiana, che è un po’ come leggere il “Galateo” e sfidarsi in gare di rutto libero. Usciva la mattina presto a fare jogging, camminava sempre in bicicletta, curandosi poco del fango lasciato per tutta la casa e cucinava cose improbabili, tra cui bisogna citare le famose verdure cotte nel latte di cocco.

Sappiate che ogni volta che qualcuno osare fare questi abbinamenti culinari, un italiano nel mondo muore.

Praga – Praga 9 (Culonia): Da noi il termine “Culonia” si usa per indicare un posto lontano e dimenticato, che è effettivamente l’ubicazione della mia attuale casa. Non mi fa impazzire, ma, come già detto in precedenza, Praga è diventata veramente molto cara e questa soluzione mi permette di mettere da parte qualcosa ogni mese, sperando in una casa/un impiego/una città migliore nel mio prossimo futuro, anche se quello post COVID non è proprio roseo.

Una delle due coinquiline con cui ho convissuto all’inizio non la menzionerò neanche, dato che l’ho vista solo due volte in tre mesi; l’ultima proprio mentre lasciava casa, la prima, perché obbligata a bussarle con forza, per chiederle dove fosse il contatore. Eravamo rimaste senza luce ed io era da pochi giorni che vivevo qui. Si è limitata ad aprirmi dopo cinque interminabili minuti, rispondendomi che non ne aveva idea, e mi ha quasi chiuso la porta in faccia, tornando ad ingurgitare patatine da un sacchetto molto unto.

L’altra mia coinquilina, con cui convivo attualmente, è di origine mongola. Non userò pseudonimi, perché già lo fa per lei per se stessa, dato che il suo vero nome sembra uno di quei messaggi che mandate ai vostri ex da ubriachi.

AGAVIZZZZZZ

Non ha idea di cosa voglia dire la parola “condivisione”. Ha le sue pentole, le sue padelle, i suoi utensili da cucina e le sue tazze. Io ho provato a spiegarle che per me non era un problema, ma non c’è stato nulla da fare. Onestamente, considerate le cose che cucina e le spezie che usa, a me conviene assecondare la sua scelta, ma mi fa ancora molto ridere pensare all’intera situazione, che non mi era mai capitato prima d’ora. Sono sempre stata abituata a comprare con gli altri le cose secondo necessità. Adesso, invece, mi ritrovo a vedermi elemosinate 35 corone, che, per chi non lo sapesse, sono meno di due euro, quando io non chiedo mai niente per le cose giornaliere che compro.

A volte faccio finta di dimenticare, ma oggi (sappiate che è un oggi generale) all’ennesima richiesta, ho semplicemente risposto: “Ho comprato la carta da cucina e le buste per l’immondizia, oltre ad aver acquistato su Amazon un nuovo soffione filtrante per la doccia, e non vi ho chiesto nulla. Mi sembra abbastanza, oppure se vuoi, puoi darmi dieci euro. Ho già sottratto dalla tua quota, quanto ti devo”.

Mangia sempre brodo e congela/scongela continuamente pollo e pasta, che surgela in buste di plastica rancide. Non vi posto neanche l’immagine di tale scempio per rispetto.

Ma, dico io, come si fa a congelare la pasta? (emoticon del vomito).

Non esce molto e frequenta solo persone che vengono dal suo paese di origine, come se fossero una ghetto gang. In realtà, la tendenza a frequentare solo i propri connazionali sembra essere stranamente comune tra gli asiatici. Se sapete la ragione di ciò, fatemelo sapere.

L’altro mio coinquilino, invece, è subentrato alla ragazza-fantasma solo di recente. Non ho ben capito cosa faccia nella vita. So solo che usa molto burro quando cucina, e non so, di questo passo, fino a quando reggeranno le sue arterie. Ipotizzo trigliceridi a 1000! Inoltre, parla spesso al telefono con un timbro di voce, talmente alto e profondo, che neanche una porta chiusa riesce a soffocarne il rumore, e mi fa capire sempre più perché io non abbia alcuna intenzione di imparare il ceco.

Non c’è via di scampo. Sarete sempre il coinquilino fastidioso di qualcuno, ma se vi capitasse di trovarvi ad abitare con una persona come Manuela (vedi parte 2), correte, correte a più non posso – se possibile, anche contro di lei.

https://coinquilinodimerda.wordpress.com/

Sarah

Ho conseguito la laurea in "Design di Interni' presso il Politecnico di Milano; esperienza che mi ha consentito di combinare creatività e progettazione attraverso la realizzazione di spazi intangibili, padiglioni e temporary store. Successivamente, ho deciso di dare un’impronta più manageriale al mio percorso accademico attraverso un master in “Strategic management for global business”, a cui ha fatto seguito un’offerta lavorativa a Praga, dove attualmente mi trovo, lavorando come Project manager junior per una multinazionale. Nonostante il mio percorso sia cambiato nel corso di questi anni, l’arte e il design, nelle loro varie sfumature e sfaccettature, continuano a suscitare in me sempre un grande fascino. Nonostante tutto, rimango dell’idea che management e creatività possano essere facce di quella stessa medaglia, chiamata "innovazione".