I siciliani raramente si avvalgono della parola “bugiardo” per descrivere una persona che racconta fandonie. A tale appellativo, preferiscono, invece, “munzignaro”, di persona che racconta “munzignerie”, ovvero bugie, o, con maggiore disprezzo, “minchiataro”, di persona che racconta minchiate.
Sia chiaro, tutti noi, chi più e chi meno, abbiamo raccontato diverse balle nel corso della nostra vita, principalmente per pararci il culo o, con fare quasi magnanimo e protettivo, per parare il culo di qualche nostro amico. C’è, tuttavia, un’abissale differenza tra le innocenti bugie giornaliere, e le grandi minchiate, raccontate il più delle volte per puro piacere.
Il minchiataro è colui che, con fare quasi subdolo, si ritrova dall’oggi al domani talmente assuefatto dal suo stesso mentire, da non riuscire più a smettere. Ingarbugliato nella matassa dei sotterfugi che egli ha creato, perde ogni appigglio con la realtà, a tal punto da credere realmente in ciò che dice.
Avete presente la storia “a lupo, a lupo”? Questa è la fine del bugiardo patologico. Arriverà quel giorno in cui egli nel dire la verità non verrà più creduto, e tutte le menzogne, perpetrate negli anni, gli si rivolteranno contro.
Egli non ha volto, eppure può assumere ogni sembianza. Non ha voce, ma le sue bugie riecheggiano nell’ aria. Non ha orecchie, ma sente ogni cosa, ogni respiro, ogni bisbiglio. Non ha mani, ma i suoi artigli raggiungono ogni cosa. E’ alto, per poter vedere sopra ogni cosa, ma basso, incurvato dal peso delle sue stesse munzignerie. E’ quasi scheletrico, divorato dall’ ansia di essere scoperto, ma grasso, poichè si nutre del dispiacere degli altri.
Di notte, avvolto dalle tenebre di cui per sua scelta si è circondato, piange, disperato. Di giorno, avvolto beffardo dai caldi raggi del sole, ride alle spalle della povera gente, che in lui ripongono fiducia. Ma tale sorriso diventa via via più flebile, perchè il minchiataro sa di essere sempre più solo.
E, mentre quelli che un tempo erano i suoi amici si riuniscono al bar per chiacchierare e bere in compagnia, brindando alla propria salute, anche il minchiataro alza il calice in alto, guardando fisso davanti a sè il proprio riflesso.