Venere di Urbino – Tiziano

Viviamo con l’incessante terrore di essere continuamente giudicati, additati, etichettati. Siamo convinti di dover necessariamente celare “chi siamo”, “cosa o chi amiamo”, “cosa ci piace fare”.

Ci abituano a nascondere i nostri sentimenti, perché potremmo apparire deboli.

Poi ci insegnano a nascondere le nostre emozioni, perché potremmo apparire vulnerabili.

Ci insegnano ad accontentarci perché chi troppo vuole, finisce per non ottenere niente.

Infine, ci insegnano ad abbassare la testa, ad obbedire e a non avere in false speranze, perché chi nasce in un modo, non può aspirare a diventare altro.

E, malgrado la vita ogni giorno ci riempia di esempi di persone che ce l’hanno fatta, a noi insegnano che la probabilità è solo di una su un milione e non capiterà mai a noi.

Perché noi non siamo l’eccezione, noi siamo la regola.

Arrivano a convincerci così tanto, demolendo ogni nostra sicurezza, che finiamo per cedere.

Finiamo per accontentarci della mediocrità, pensando che, in fondo, non è così tanto male fare parte del gregge.

La società.

L’avversa, quella che giudica, opprime, corrompe, divide, punta il dito, accusa, etichetta, quella da cui non puoi fuggire, perché più cerchiamo di allontanarci, più stiamo al suo gioco, più cerchiamo di essere diversi, perché va di moda, più finiamo per essere conformisti all’anticonformismo.

La società che annulla inizialmente i nostri sogni e, infine, mette a tacere persino il nostro “io”.

Quella che apparentemente crede alla nostra fantasia, per poi sbatterci brutalmente in faccia la realtà. Un mondo dove l’innocenza dei bambini è celata dietro un manto sempre più ingombrante di limiti sociali, dove il “domani” che dovrebbe essere nelle mani della nuova generazione, viene manipolato dalla società stessa.

Quella società che ha annullato le distanze, annullando il pensiero.

Si nutre di noi, delle nostre aspirazioni, delle nostre ambizioni.

Ci costringe a celare le nostre passioni dietro veli di falso perbenismo.

I nostri istinti, i nostri piaceri diventano tabù personali, di cui non dobbiamo parlare neanche all’amico più caro.

Finiamo per temere che ogni orgasmo sia peccato, anche quello più puro e sincero. Rifuggiamo dalle etichette sociali per timore di venire giudicati a lavoro, a scuola, ovunque.

Arriviamo a costringerci a nascondere i nostri desideri anche nell’intimità, lasciando ad essi solo lo spazio dei sogni, finché non dimentichiamo persino come si sogna.

Siamo convinti di peccare se proviamo piacere. Dove la società vede un comportamento scabroso, pone dei limiti, che riteniamo invalicabili.

E anche quando riusciamo a celare le nostre passioni, finiamo per vivere con il timore di poterci tradire da un momento all’altro.

Conviviamo con la perenne paura che le persone a cui stringiamo la mano a lavoro, quelli a cui rivolgiamo la parola al bar, quelli a cui lasciamo il posto sull’autobus, quelli con cui scambiamo quattro chiacchiere alla fermata della metro, in realtà, sappiano.

Mettiamo dello scotch sulla web cam per paura di essere spiati e cancelliamo il più in fretta possibile la cronologia.

E, se da un lato la maggior parte di noi vive con questa tremenda angoscia incurabile, consapevole dell’impossibilità di cancellare gli istinti animali e quasi impazzendo nel tentativo di tenerli sotto controllo; dall’altro lato pochi sono attratti dall’oscurità che il nostro animo cela.

Questi ultimi vivono tranquillamente tra di noi, amano giudicare chi, invece, i propri istinti li mostra, etichettano gli insicuri e gli incerti.

E, mentre noi conviviamo in segretezza con i nostri piccoli e personali tabù, loro si riuniscono, fieramente convinti di essere candidi e immacolati rispetto ai più, sperimentando i piaceri della carne.

Ecco da chi, infine, veniamo giudicati.

Sono proprio loro coloro che col volto pulito ci istruiscono, ci insegnano.

Coloro che ricambiano la nostra stretta di mano, che accettano il nostro posto sul bus, che dialogano con noi amabilmente.

Coloro la cui faccia pulita, candida e pia invidiamo e incrociamo ovunque andiamo; temendo quell’espressione che ci fa sentire tutti peccatori.

Coloro che amano elargire parole d’amore, di rispetto e di grazia dall’alto del loro pulpito, mentre vesti bianche e viola celano un corpo martoriato dalla carnalità delle loro esperienze.

Sono proprio loro a nascondere la corruzione dei sensi dentro stanze di rosso blindate, sotto tuniche imporporate. Dietro i volti angelici celano ineluttabili e calde carezze di corpi estranei. E nel nostro continuo cercare di nascondere ciò che realmente siamo davanti a loro, veniamo di volta in volta raggirati, mentre questi ultimi godono tra prolungati latrati. 

Sarah

Ho conseguito la laurea in "Design di Interni' presso il Politecnico di Milano; esperienza che mi ha consentito di combinare creatività e progettazione attraverso la realizzazione di spazi intangibili, padiglioni e temporary store. Successivamente, ho deciso di dare un’impronta più manageriale al mio percorso accademico attraverso un master in “Strategic management for global business”, a cui ha fatto seguito un’offerta lavorativa a Praga, dove attualmente mi trovo, lavorando come Project manager junior per una multinazionale. Nonostante il mio percorso sia cambiato nel corso di questi anni, l’arte e il design, nelle loro varie sfumature e sfaccettature, continuano a suscitare in me sempre un grande fascino. Nonostante tutto, rimango dell’idea che management e creatività possano essere facce di quella stessa medaglia, chiamata "innovazione".