Sono ormai passati sei mesi dalla mia decisione di intraprendere questa nuova avventura, al di fuori della cara madrepatria.

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Gli ultimi due, purtroppo, li ho trascorsi in quarantena, come il resto del mondo, quindi non ho molto da aggiungere al riguardo. L’idea di uscire con la mascherina non mi ha mai affascinata e ancora meno l’eventualità di poter beccare una multa salata in caso di trasgressione; pertanto, ho varcato la soglia di casa solo per motivi strettamente necessari, principalmente alla ricerca di generi alimentari.

Onestamente non penso esista ragione migliore per mettere il naso fuori.

Inoltre, sono stata costretta a passare un paio di giorni in ufficio, perché ho deciso di rompere il pc, facendo pressione sullo schermo, mentre lo pulivo. Non pensavo di avere la forza di Hulk, anche se, molto probabilmente, ho semplicemente la delicatezza di Dumbo. Forse la mia mente inconsciamente voleva farmi trovare un modo per spendere quei soldi, che sto risparmiando grazie alla quarantena. Ad ogni modo, non capirò mai la decisione della mia compagnia di farci tornare in ufficio, malgrado questa restrizione sia ancora ufficialmente in corso.

Per caso le aziende lo sanno che con lo smart working risparmiano molti più soldi di quelli contenuti nelle nostre buste-paga?

Non dilunghiamoci, però, in discorsi inutili, perdendo il filo del discorso.

Sono qui per parlare della mia esperienza a Praga, senza essere troppo specifica con i dettagli delle strade, dei luoghi, dei posti, e così via. In primis, perché non li ho ancora imparati; in secundis, perché non sono una guida turistica. Come ho già detto in passato, è stata una decisione presa di fretta, senza rifletterci, e di cui fino ad ora non mi sono pentita. Al contrario, considerando il resto del mondo (pandemia e non), mi reputo abbastanza fortunata alla mia età ad avere un lavoro che non mi dispiace.

Da qualche parte si dovrà pur iniziare.

Certo, mentirei nel dire che non avrei preferito rimanere in Italia; come mentirei nel dire di non essermi sentita costretta ad andarmene, perché quello che l’Italia offre ai neolaureati sono stage sottopagati e lavori in nero. E ciò accade sempre quando si è scelto “il giusto percorso universitario” e, ovviamente, si ha la “fortuna” di vivere al Nord.

Ma anche questo è un altro discorso, che si potrebbe approfondire in un secondo momento.

Comunque, dicevamo…

Ora ricordo. Le prime due settimane le ho passate in un B&B, alla ricerca disperata di una casa. Mi sono, mio malgrado, dovuta accontentare di una stanza singola con un letto scomodissimo, che cade a pezzi, e un bagno a misura di nano, piccolo e stretto. Verranno sicuramente tempi migliori, ma non mi aspettavo da una città come Praga, che molti descrivono come economica e alla portata di tutti, affitti così alti e salari così bassi. Diciamo che, a meno che non si lavori nel campo dell’ingegneria informatica e simili, con il primo stipendio da entry level ci fai ben poco.

Una stanza singola appena fuori città, cibo, qualche uscita nel weekend e, facendo attenzione, riesci a mettere da parte circa duecento euro al mese o poco più, considerando un salario medio di 1000 euro al mese.

Il lato positivo è che Praga ha un tasso di disoccupazione molto basso, e rimanere senza lavoro è molto difficile; i lati negativi, oltre a quelli sopra citati, sono le condizioni di lavoro, ma probabilmente è perché a noi italiani va abbastanza di culo, se e quando ne riusciamo a trovarne uno. Considerate che, fino a qualche mese fa, i primi tre giorni di malattia non erano nemmeno pagati, che non esistono permessi, che non esiste tredicesima o quattordicesima e che, pur avendo per legge l’assicurazione sanitaria garantita dal vostro datore di lavoro, il più delle volte i soldi dovete metterceli di tasca vostra.

L’acqua che esce dal rubinetto, però, è potabile – quindi, su questo almeno risparmiate – e in quasi tutti gli uffici c’è sempre una macchinetta del caffè con tutte le cialde che volete a vostra disposizione. Malgrado sia molto internazionale come città, l’inglese rimane un mistero per molti cechi di vecchia generazione, che non esitano a squadrarti con un misto di odio e rancore non appena si rendono conto che non sei del luogo.

Anvedì, che problemone!

A prescindere nella maggior parte dei negozi, troverete sempre qualcuno in grado di parlare uno sgangherato inglese, quindi sopravviverete. In parole povere, i giovani lo sanno parlare e sembrano piuttosto felici di incontrare gente nuova (va beh, felici è un parolone), i vecchi/baby boomer non tanto.

Cosa vi ricorda questo scenario? Esatto, l’Italia. Solo che noi quantomeno proviamo a farci capire con dei gesti, che neanche i migliori mimi francesi.

Ovviamente si può sempre scegliere di imparare la lingua locale, ma lo consiglio solo nel caso in cui si abbia intenzione di vivere qui. Il ceco è una lingua difficile, fastidiosa all’udito, e praticamente inutile nel mondo del lavoro, se avete tanta voglia di imparare una nuova lingua, piuttosto concentratevi sul francese, spagnolo, tedesco, russo o cinese, molto più utili nel curriculum.

Per quanto, invece, riguarda la famosa storia dei “Belli dell’Est”, mi dispiace darvi la brutta notizia che, forse, dovete spostarvi un poco più ad Est. Ci saranno sicuramente tanti cechi e tante ceche affascinanti, però, fino ad ora, non ho avuto il piacere di incontrarli, oltre al fatto che il cattivo gusto che molti di loro possiedono nel vestirsi potrebbe influenzarne persino la percezione estetica.

Non vorrei essermi fatta distrarre.

Sicuramente, dal mio punto di vista, non giocano neanche in loro favore, le perenni sbronze, che sembrano essere la routine di ogni abitante del luogo che si rispetti e, tristemente, anche di ogni studente in erasmus.

News: ci si può divertire benissimo, anche senza bere e sicuramente nessuno si diverte, quando le vostre ubriacature diventano moleste.

TO BE CONTINUEDNEL PROSSIMO EPISODIO: FOOD

Sarah

Ho conseguito la laurea in "Design di Interni' presso il Politecnico di Milano; esperienza che mi ha consentito di combinare creatività e progettazione attraverso la realizzazione di spazi intangibili, padiglioni e temporary store. Successivamente, ho deciso di dare un’impronta più manageriale al mio percorso accademico attraverso un master in “Strategic management for global business”, a cui ha fatto seguito un’offerta lavorativa a Praga, dove attualmente mi trovo, lavorando come Project manager junior per una multinazionale. Nonostante il mio percorso sia cambiato nel corso di questi anni, l’arte e il design, nelle loro varie sfumature e sfaccettature, continuano a suscitare in me sempre un grande fascino. Nonostante tutto, rimango dell’idea che management e creatività possano essere facce di quella stessa medaglia, chiamata "innovazione".