Pomodori secchi e pane <3 (il cuore è per il pane) Hamburger buoni e super costosi “Palle” di patate, carne, crauti e cipolla
Sappiate che, a prescindere dalla nazione, dallo stato o dal continente in cui si trova a viaggiare, l’italiano medio avrà sempre da ridire sul cibo. Potrà essere la migliore empanada, il migliore foie gras, la migliore paella del mondo, ma il cibo italiano sarà per lui sempre un gradino sopra.
D’altronde, di due cose ci possiamo vantare con il resto del mondo: l’arte e il cibo.
Gli altri Stati hanno il lavoro, mentalità più aperte, migliori trasporti urbani, una stabile situazione politica ed economica, strutture architettoniche all’avanguardia, un’attenta gestione dei fondi europei (anche perché ci vuole coraggio a fare peggio di noi).
Almeno in qualcosa fateci essere primi.
Il rischio di questo “auto-elogio” è quello di essere prevenuti, convinti che altrove la gente si nutra per osmosi; opzione che, per molti di noi, sarebbe sicuramente meglio di ciò che offre la tradizione locale.
Invece, il segreto è quello di essere disposti a sperimentare.
Sia chiaro: non c’è paragone rispetto alla cucina italiana, dove su dieci piatti può capitare che solo uno non soddisfi il tuo palato. In questo caso, almeno in Repubblica Ceca, su dieci piatti che provi, due sono molto buoni e tre/quattro sono mangiabili.
E non sto regalando niente a nessuno.
La cosa positiva è che si può pranzare a sazietà con meno di dieci euro, persino in centro, ma leggete qualche recensione prima. La cosa negativa è che questi prezzi riguardano solo la cucina locale, mentre lievitano in maniera esorbitante, se si è alla ricerca di pietanze più “esoteriche”.
E con “esoterico”, intendo anche una pizza.
Per il mio compleanno sono andata con il mio ragazzo a mangiare fuori e per due vaschette di patatine, due hamburger, una birra e due dolci ho speso più di cinquanta euro.
C’è una cosa che, però, ho imparato a mie spese, quando sono andata in Francia. Se avete voglia di qualcosa di “diverso”, fate in modo di scegliere un ristorante tipico, dove proprietario, e preferibilmente anche cuochi, conoscano quella tradizione.
Ordinare una pizza o un piatto di pasta in un’osteria ceca, è meno piacevole delle repliche di “Beautiful”.
In compenso, qui ho provato un’ottima zuppa di funghi. Non che abbia molti termini di paragone, dato che al massimo avrò assaggiato qualche versione liofilizzata “Knorr” in busta, durante i lunghi inverni passati nella nebbiosa Milano.
Al Sud Italia, invece, zuppe, minestroni e brodaglie simili sono considerate “alimento per malati con stomaco debole”.
Inoltre, i ciechi sono abili panettieri e con abili intendo “proprio bravi”. Ogni supermercato sforna quotidianamente vari tipi di pane; con semi di garofano, origano, semi di chia, o aromatizzati alle erbe o all’aglio. Mentirei se dicessi che la mia buona dose di carboidrati giornaliera non comprenda pagnotte con semi. Tuttavia, non bisogna neanche dimenticare la loro più grande pecca, che temo, in realtà, sia una caratteristica dei paesi dell’est: l’uso eccessivo dell’aglio.
E’ praticamente ovunque, nel pane, nelle patatine, nella pasta, nella carne. Non so se abbiano paura dei vampiri, o se vogliano avere una scusa per non baciare nessuno, ma è impossibile mangiare senza rischiare di ruttare continuamente aglio.
Inoltre, usano il burro per preparare ogni cosa.
Dunque non capisco il motivo per cui vendano l’olio extravergine di oliva al supermercato, perché sono piuttosto sicura che prima o poi vedrò qualcuno tagliare a tocchetti il burro e condirvi l’insalata.
Il motivo di tale usanza è che un tempo, l’olio era troppo costoso, mentre il burro era di facile reperibilità; quindi, per risparmiare la popolazione era costretta a scegliere quest’ultimo.
Vorrei, però, ricordare che la guerra è lontana e attualmente una bottiglia di olio – non patronale naturalmente, non facciamo gli schizzinosi borghesi! – costa in media cinque euro.
E persino se chiedessero a me, che fumo, di scegliere tra un pacchetto di sigarette, poco meno caro dell’olio, e un panetto di burro, risponderei: “Dove è l’accendino?”.
Un’altra nota dolente è la qualità di molti alimenti, che si trovano al supermercato.
Non voglio sbilanciarmi troppo sulla frutta e sulla verdura, ma la carne è atroce. Non esistono “le sottilissime” di pollo, come non vi è traccia né al bancone del macellaio, né in qualche abbandonato contenitore in polistirolo di carne a fette di qualsiasi tipo.
Le uniche cose vendute sono pezzi interi di animale, che devi essere disposto a tagliare con qualche coltellaccio da cucina. Date le circostanze, sono solita optare per il tritato, che non è sicuramente la scelta più sana, ma tanto non so leggere le etichette. E poi, finchè sul tritato di pollo c’è scritto 99%, penso vada la pena di rischiare per quel misero 1% di dubbia origine. La cosa interessante è che tra gli scaffali si possono trovare diversi prodotti italiani – sovra-prezzati si intende – facilmente riconoscibili, oltre che dal marchio, dal fatto che ai cechi pesa il culo tradurre le etichette.
Le scelte alimentari per gli intolleranti al lattosio, come me, o per i celiaci sono piuttosto limitate e, il più delle volte, non visibili all’occhio umano, nascoste dietro yogurt di mucca o pasta a KM 10000. Naturalmente, molti prodotti sono internazionali, ma la cosa buffa è che di alcuni alimenti i cechi hanno la propria versione, che rivendono tranquillamente piazzandola accanto alla competitor più famoso.
Ad esempio, hanno la loro Coca Cola, di cui non posso dire molto non avendola mai provata, ma il cui orribile packaging è difficile da dimenticare.
Magari qua, le aziende di marketing puntano sull’orrore, per catturare l’attenzione dei propri customer e creare brand awareness.
Ultima postilla prima di chiudere, che è anche un consiglio che mi sento di dare: non partite prevenuti, provate un poco di tutto; preparatevi a soffrire di meteorismo all’odore di spezie e aglio di dubbia qualità e a dover correre in bagno se siete intolleranti al lattosio; cercate di puntare sui loro piatti tipici e fatevi consigliare da qualcuno del luogo; non aspettatevi tagli di carne prelibati e non pretendete che sappiano come usare olio, salsa e cose tipicamente italiane.
Qui lo dico e non lo nego: non lo sanno fare, e, quando ci provano è anche peggio.
Ne sono testimonianza quegli orrendi sughi pronti, che trovate al BILLA. Mi fanno quasi rimpiangere la polenta.
Adesso non esageriamo, tristi sì, ma fino al punto di preferire la polenta no.
TO BE CONTINUED – NEL PROSSIMO EPISODIO: I CECHI