
Nel corso della mia breve vita, ho avuto la fortuna di conoscere molte persone, dai modi, gesti, pensieri, culture molto differenti. A causa della distanza o, più semplicemente, a causa dello scorrere implacabile del tempo avverso abbiamo smesso di frequentarci, limitandoci a sporadici auguri e a qualche commento sparso sui social.
Non potrò, però, mai dimenticare tra di esse i miei tre amici perduti, del cui smarrito legame non sono mai riuscita ad addossarmi la colpa.
Forse, trovare una motivazione renderebbe più facile questo sofferto “strappo”.
Il mio primo amico perduto risale ai primi anni dell’università; quel terribile periodo di incertezza a cavallo tra la fine dell’adolescenza e l’inizio dell’età adulta. Con lui avevamo condiviso i banchi di scuola sin dalle medie, legando poi durante il liceo. Il caso volle, infatti, che ci ritrovassimo a condividere la medesima classe. Affiatati come non mai, era diventato impossibile anche per noi capire quale fosse la nostra vera dimora, abituati a mangiare, vivere e dormire insieme. Non ricordo esattamente il momento esatto in cui il nostro legame ha iniziato a deteriorasi, ma la distanza, dovuta alla scelta di studiare in due diverse città, ha sicuramente dato un input non indifferente, malgrado io stessa abbia scelto in seguito di trasferirmi a Milano per accorciare le distanze.
Quale sia stata la vera ragione nascosta dietro la decisione di escludermi per sempre dalla sua vita è difficile dirlo, ma il mio istinto mi suggerisce, che, molto semplicemente, l’affermarsi del mio carattere, molto diverso rispetto al suo, gli abbia dato l’impressione di non avere più niente da condividere. Col senno di poi, forse, avrei potuto provare a fargli capire, che due persone non devono essere necessariamente uguali per stare insieme, ma ricordo che già all’epoca provai il tutto e per tutto per ricucire il rapporto, scrivendo persino una lettera, che, però, non ha mai ricevuto risposta. Adesso, razionalmente, provò a guardarmi indietro e mi rendo conto, di quante relazioni interrotte il mio amico perduto abbia lasciato dietro di sé e capisco di non essere stata io la mela marcia da recidere.
Il mio secondo amico perduto risale a poco più di un anno fa. In questo caso, trovare una giustificazione alla fine del nostro rapporto è più semplice e può essere tranquillamente riassunta in una sola parola: verità.
Alcune persone ne sembrano allergiche, e cercano in tutti modi di fuggire da essa, come se fosse un grande male da rinnegare, preferendo continuare a trovare rifugio all’interno di fragili castelli di carta ingannevoli. Quando, però, finalmente essa viene a galla contro il loro volere, piuttosto che accettarla, preferiscono ignorare sia lei, che il suo innocente ambasciatore. Se poi il modo di reagire consiste nel togliere il follow sui social media, come se una relazione di anni si basasse su qualche mi piace e post condiviso, capirete che forse, anche in questo caso, la parte tossica della coppia non eravate voi.
E se poi, addirittura, tutti gli altri cominciano a darvi ragione, vi renderete conto di aver sprecato anni, ma, nonostante ciò, quell’inspiegabile vuoto nel petto rimarrà.
Il mio ultimo amico perduto è stato, forse, quello più difficile da metabolizzare, perché, in questo caso, non vi è una ragione, che possa spiegare, anche solo in parte, quella che considero essere stata una sua decisione.
A volte, mi chiedo, se gli altri capiscano i segnali, che voi provate a mandargli, o se, per fargli capire che non volete perderli, vorrebbero vedervi prostrati ai loro piedi. Il legame che avevo con il mio amico perduto aveva superato anni di forzata lontananza, per poi, infine, non riuscire a reggere proprio quando a separarci vi era solo qualche chilometro di distanza.
Forse, è proprio questo che a volte mantiene un rapporto tanto duraturo: il non doversi costantemente vedere.
Soltanto che, in questo caso, noi non ci siamo mai visti, se non per caso una volta e un’altra volta perché io ne ho espresso il desiderio. In tutti questi mesi di quarantena ho spesso pensato di scrivere un messaggio, chiedendo una spiegazione, ma ho sempre tentennato, dubbiosa. Adesso, so con certezza che non potremmo più vederci con la stessa frequenza con cui, se solo avesse voluto, avremmo potuto fare in questi mesi.
La consapevolezza di aver ragione, di averci davvero provato è come una doccia fredda in pieno inverno; dolorosa, masochista, ed inutile, perché, tanto, potete usare anche l’acqua calda
.
To a lost friend
Do you remember the smell of the sea?
How much we liked walking in the street.
The long nights of chatting more and more,
do you remember who we used to love?
I think of you often to remember,
on the face only sad tears.
Ten years together, even studying,
Do you remember the future mocking?
Blind maybe, I let you go,
praying for your return.
I was willing to forgive you.
Do you remember that silent accuse?
The bond, you have consumed,
like old branches, was amputated.
You turned around only to disguise
all the good, that has became disdain.
It is a lie to want to conceal,
not to attempt to try again.
Apathetically, you seem to wait.
Do you remember the taste of the sea?
INFO:
Sul mio profilo Instagram potete trovare anche la traduzione inglese e italiana: https://www.instagram.com/sarah_russ01
Vi invito a provare a dare un’occhiata alla malinconia che traspare nei quadri di Hopper al seguente link: https://lacapannadelsilenzio.it/il-silenzio-inquietante-di-edward-hopper/